Alla vigilia del vertice UE-Africa, alcuni studenti mettono sotto torchio l'eurodeputato Patrice Tirolien sui poteri dell'UE di intervento concertato in situazioni di conflitto e sulle mosse del Consiglio per ridurre i fondi allo sviluppo.

Gli aiuti europei allo sviluppo sono ancora considerati una fonte globale di stabilità?

https://api.multimedia.europarl.europa.eu/documents/20125/11780043/n004-0005-itx.srt

L'Unione europea è il primo donatore  al mondo di aiuti umanitari.

Alcuni aiuti sono concentrati  nei paesi ACP -

dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico.

In occasione del vertice UE-Africa  a Bruxelles il 31 marzo-1° aprile,

alcuni studenti hanno posto  delle domande a un eurodeputato

riguardo alla politica europea  per lo sviluppo.

Buongiorno On. Tirolien.  Fa parte della delegazione

ed è membro  della commissione allo Sviluppo.

Propongo di iniziare  con le domande degli studenti.

Innanzitutto una domanda di Nafissatou,  studentessa di giurisprudenza. Sentiamo.

rappresenta un certo grado di stabilità,  grazie soprattutto agli aiuti allo sviluppo.

L'UE è il principale donatore al mondo,

ma a novembre, durante la stesura  del bilancio pluriennale,

il Consiglio ha cercato di ridurre  il Fondo europeo allo sviluppo.

Crede, come i suoi colleghi in aula,  che debba rimanere almeno invariato?

È vero che sono state fatte  proposte non positive,

volte a ridurre il FES - il Fondo europeo  allo Sviluppo, lo strumento principale.

Queste proposte puntavano  a ridurre i livelli di questo fondo.

Ovviamente abbiamo reagito  in modo repentino

e credo che sia intervenuto  anche François Hollande in persona

per garantire che il Fondo allo sviluppo  rimanesse invariato.

C'è stato addirittura un aumento dello 0,2%.

Ciò significa che gli aiuti  ai paesi in via di sviluppo - ACP,

coprirà un lasso temporale di 7 anni,  anziché di 6 anni.

Ovviamente è aumentata anche  la disponibilità annuale del fondo.

Sentiamo un altro studente,  Diallo Lamine,

che ha una domanda  sulla politica estera dell'UE.

Sento dire sempre  che l'UE deve agire in modo concertato.

Però quando si tratta di reagire  ai conflitti, come in Mali o in Siria,

e ancora più raramente  interviene unita. Perché?

È vero. Infatti l'Europa  non è ancora un'Europa federale.

Ma possiamo prendere ugualmente  molte decisioni in modo celere.

La politica estera  rimane prerogativa degli Stati membri.

Esatto. Quando l'Europa era costituita  da 9 Stati membri, e poi da 12,

poteva intervenire più prontamente,  soprattutto in Africa.

Ma purtroppo il centro di gravità dell'Europa  si è spostato a est.

Sentiamo Marie-Madeleine, studentessa  di scienze politiche a Louvain-la-Neuve

Quale è la posizione attuale dell'UE  rispetto allo sviluppo in Africa?

In questo momento si trova  a scontarsi per ragioni politiche

con le altre potenze emergenti,  come la Cina.

Ma credo che l'aiuto dell'UE  ai paesi africani sia esemplare.

L'aiuto europeo è un sostegno pedagogico

e permetterà ai paesi africani -  se rispetteranno gli impegni

firmati all'interno dell'Accordo di Cotonou,

di prendere le redini del loro sviluppo.

Da parte dell'Africa, l'intervento  non è considerato un'ingerenza?

Mentre nel caso degli aiuti da altri paesi,  come la Cina - mi passi l'espressione:

"vi abbiamo costruito l'ospedale, in cambio  ci impossessiamo delle miniere di diamanti"

Si impossessano della terra e producono  per esportare i beni da questi paesi.

L'aiuto europeo è di tipo pedagogico.  È un aspetto fondamentale

e può davvero aiutare questi paesi  ad assumere un ruolo a livello globale -

Stati in grado di negoziare  con i propri partner allo stesso livello.

Concludiamo.  On. Tirolien, grazie dell'accoglienza.